“L’olivo non è solo storicamente un simbolo di unione tra popoli e di pace come vuole l’iconografia religiosa, in particolar modo quella Cristiana. Attraverso questa pianta, di cui oggi, 26 novembre, festeggiamo la Giornata mondiale istituita due anni fa dall’Unesco, possiamo lanciare un ulteriore messaggio di rinascita per il pianeta”. Anna Cane, presidente del Gruppo olio d’oliva di Assitol (Associazione dell’industria olearia aderente a Confindustria) e responsabile affari scientifici e pubblici dell’azienda Carapelli, chiede di dichiarare novembre mese mondiale dell’olio.
Perché l’olivo va celebrato?
“L’olivo, e di conseguenza l’olio d’oliva, che in passato hanno unito i popoli del Mediterraneo, oggi possono trasformarsi in un simbolo di sostenibilità per la salvaguardia della Terra. Questa non è solo una pianta coraggiosa, resistente, adattabile. L’olivo riesce ad assorbire ogni anno una quantità di CO2 maggiore di quella che l’uomo produce per trasformare i suoi frutti in olio, dalla fase di raccolta alla frangitura delle olive. Dell’oliva, inoltre, non si spreca niente. Dagli scarti di lavorazione si ottengono sottoprodotti e le acque di vegetazione vengono utilizzate sia in campo farmaceutico che nella cosmetica”.
L’olio d’oliva inoltre fa bene, soprattutto l’extravergine…
“In questo senso si può parlare anche di sostenibilità nutrizionale. Istituzioni come la FDA (Food and Drug Administration), l’ente governativo statunitense, e l’EFSA (European Food Safety Authority), hanno sottolineato più volte l’importanza salutistica dei polifenoli e dell’acido oleico. I primi sono antiossidanti, mentre il secondo è un potente strumento di prevenzione contro l’aumento del colesterolo, a tutela dell’apparato cardio-circolatorio”
Per questo 10 anni fa l’Unesco ha dichiarato la “dieta mediterranea” “patrimonio immateriale dell’Umanità”?
“Anche per questo. Del resto i pronunciamenti a favore dell’extravergine di oliva da parte di FDA ed EFSA ne fanno a tutti gli effetti un prodotto nutraceutico”
L’Evo quasi come una medicina, insomma. Ma noi “mediterranei” lo sappiamo da tremila anni…
“Questo aiuta l’export, soprattutto verso quei Paesi anglosassoni la cui dieta è costituita da ben altri grassi”.
Basta però che non lo prendono con il contagocce!
“Purtroppo in paesi come gli Stati Uniti, per esempio, l’olio d’oliva e ancora di più l’Evo in molti casi sono proprio visti quasi come “medicinale”. Il palato non è abituato a un grasso così profumato”.
Anche tanti cuochi italiani preferiscono utilizzare oli insapore oppure sottoprodotti come la sansa piuttosto che l’Evo…
“Parte della ristorazione fatica ad accettare l’extravergine dietro i fornelli, così come rinuncia a portare in tavola ottimi oli, magari insieme al pane. Dovrebbero farlo e aumentare il costo del coperto. Anche così si contribuisce alla riscoperta di un’eccellenza”.
E alla diffusione delle sua cultura… nei ristoranti francesi non si mangia mica se a tavola non ci sono burro e baguette, alla faccia dei trigliceridi!
“Diciamo che se l’olivo e la trasformazione dei suoi frutti rappresentano un esempio virtuoso di economia circolare, di contro la cultura dell’olio d’oliva dovrebbe circolare un po’ di più, a cominciare dall’Italia”.
A proposito di francesi… l’Italia sta rischiando grosso e la battaglia contro il via libera dell’Ue all’ “etichetta nutrizionale”, o “nutriscore” proposta dalla Francia e sostenuta dalla Germania, è anche in difesa dell’olio di oliva…
“Una battaglia sacrosanta che Assitol combatte insieme ad altre associazioni. Non si può lasciare ad un algoritmo la decisione su cosa sia sano e no. Gli alimenti, poi, non possono certo essere suddivisi in quattro colori: verde, giallo, arancione e rosso, dove il rosso sta per “pericoloso”. Paradossalmente l’olio d’oliva, essendo un alimento grasso, rientrerebbe nella categoria arancione”.
Ma la stessa Authority europea ha detto che i grassi dell’olio d’oliva fanno bene…
“In Europa a volte si fa un bel po’ di confusione. Per questo la controproposta italiana, in sintesi, è di considerare parametri come la porzione di un determinato alimento, cioè la giusta quantità giornaliera per l’organismo umano. Inoltre va inserito il discorso del bilanciamento dei grassi in un più ampio spettro di regime alimentare, come può essere appunto la dieta mediterranea. Perché anche l’acqua può far male se ne beviamo 10 litri in un giorno”.
Un sentito grazie alla Dottoressa Anna Cane per le sue battaglie.