Ci sono oggetti di metallo che restano nel cuore senza provocare danni, anzi. Per me quell’oggetto è un puzzle di ferri arrugginiti, saldati tra loro, trasformati dall’ingegno umano in una macchina defogliatrice che ha superato i 50 anni di vita. E’ arrivata fino ad oggi perfettamente funzionante e continua ad essere un anello fondamentale della “catena” di produzione di un buon olio extravergine. Non ha un nome, né un nomignolo, e risorge ogni autunno dalla polvere e le ragnatele di una rimessa per svolgere rumorosamente il suo compito. L’ha costruita mio nonno.
Quel volpone di Sor Ezio
defogliatrice
La logica e i principi della fisica e della meccanica non erano per niente estranei a Sor Ezio. Questo “pezzo di ferro” è il prodotto di quella capacità di adattamento che in casi estremi risponde alla necessità di sopravvivenza dei contadini. Ma non solo: rappresenta la continua necessità che spinge l’uomo di campagna ad affinarsi nel tentativo di risparmiare in tempo, soldi e fatica. Quante volte, visitando i lati più nascosti di un’azienda agricola, avrete notato cumuli più o meno sensati di vecchi attrezzi, legni, pali, mattoni, parti meccaniche e altro ancora. In campagna, tranne rari casi, non si butta via niente. Tutto, o quasi tutto, prima o poi stai a vedere che può tornare utile.
Il puzzle della necessità
defogliatrice
Così, dalle ruote dentate di un ranghinatore fuori uso, da tondini di ferro e da vecchie lamiere, negli anni ’70, a colpi di saldatrice, è nata una defogliatrice. Lo scopo di questa macchina è dividere le olive da foglie e ramoscelli di olivo che in fase di raccolta, per praticità e velocità, non possono essere separati. Quando si è nei campi è sempre una corsa contro il tempo prima che faccia buio. Certi lavoretti “di fino” si possono fare comodamente al coperto, alla luce artificiale. Oggi i frantoi sono dotati di moderni macchinari che svolgono questo lavoro e non è più necessario portare l’oliva estremamente pulita come in passato. Una volta, invece, ciò poteva invece influire sulla qualità dell’olio. Certe buone usanze, però, non si perdono, soprattutto se possiedi una macchina artigianale che va come una bomba.
Fisica e ingegno
defogliatrice
Niente si muove da solo! Ecco allora che elettricità, fisica e meccanica vengono in soccorso dell’ingegno umano. Così a Sor Ezio è venuto in mente di dotare quel pezzo di ferro di un motore elettrico e di sbilanciare il pignone con un peso. Ciò provoca una rotazione “asimmetrica” che a centinaia di giri al minuto crea una vibrazione. La defogliatrice, vibrando, fa rotolare le drupe lungo la rastrelliera inclinata, mentre foglie e rametti cadono nello spazio tra i tondini.
Più forte delle olive più ostinate
defogliatrice
Quest’autunno, in particolare, la scelta di raccogliere in anticipo ci ha ricordato quanto certe cultivar, come la carboncella (piuttosto diffusa in Sabina), siano tenacemente ancorate ai rami e difficili a separarsi. La defogliatrice di mio nonno, insieme ad un po’ di paziente manualità, riesce invece a convincere anche le drupe più ostinate a lasciarsi andare. E come sempre torna a far vibrare anche il mio cuore.
Grande, bellissima storia!