Più che un percorso agreste di ritorno alla natura, quella di Marina Fresa è una lucida analisi agro-ecologica di un luogo “bio” perso in un mare verde in tempesta che deve resistere agli urti di un mondo differente da quello che ci è stato lasciato. Questo non è un viaggio bucolico, tra “fiori et erbette”, anche se l’amore per la natura resta l’arma più convincente per portare avanti una coraggiosa avventura come quella di Marina e Gianni.
Bioresistenti
marina fresa
“In un mare di ulivi – cultura dell’ulivo e bioresistenze” (Derive Approdi, 2020) l’autrice ripercorre i motivi e le emozioni che l’hanno convinta ad acquistare un uliveto di 400 piante nel Viterbese e a trasformarlo in una piccola realtà produttiva. Ma l’amore per la natura e per l’olio extravergine non basta. Per provare a cambiare le cose e permettere ai piccoli di sopravvivere c’è bisogno di cultura e di politiche lungimiranti. Bisognerebbe dare una possibilità anche a chi farebbe volentieri a meno di chimica, meccanica e lavoro nero. Da una parte la cocciutaggine contadina, dall’altra le soluzioni facili delle grandi aziende.
Ed è qui in mezzo che si snoda il racconto di Marina Fresa. L’autrice porta a galla contraddizioni e difficoltà che deve affrontare chi sceglie la terra per tentare un’impresa che non sia solo un sogno, ma una realtà sostenibile per l’ambiente. La natura può regalare intense emozioni. Rispetto, studio e duro lavoro possono bastare solo se in cambio di un filo d’erba saremo pronti a piantarne un altro, a “bioresistere” senza pensare a “bioarricchirci”. Tutto il resto è un compromesso con la nostra coscienza.
Marina Fresa, architetto e paesaggista, ha lavorato per il Ministero dei beni culturali e insegnato Teorie e storia del restauro dell’Università di Venezia (IUAV). È stata membro del Consiglio di Presidenza FAI-Lazio (2012-2018).