Alla parola “lampante”, il Devoto-Oli, dizionario della lingua italiana, dà il seguente significato chiamando in causa proprio l’olio: “Olio L., non commestibile, adoperato per le lampade”; poi, in senso figurativo, spiega: “assoluta evidenza”. Fin dai tempi antichi in tutto il bacino del Mediterraneo era dunque evidente che un certo tipo di olio d’oliva non poteva essere utilizzato per condire gli alimenti. Roma, ai tempi dei Cesari, era illuminata da olio di infima qualità. Le città greche lo erano. Ma i primi ad utilizzare questo combustibile vegetale per l’illuminazione pare siano stati gli egizi. Gli antichi, insomma, lo sapevano bene: era evidente, lampante, ma non extravergine.
Lo scarto dello scarto
Abbiamo già spiegato come nell’antichità il gusto, almeno in fatto di olio, fosse molto meno pretenzioso del nostro. La qualità dell’olio consumato sulle tavole di greci e romani era decisamente inferiore a quella che conosciamo. Sapevano riconoscere un extravergine, ma potevano permetterselo in pochi. L’olio usato per l’illuminazione di strade e palazzi era dunque quello che per noi sarebbe lo scarto dello scarto. Basti pensare che fino a poche decine di anni fa in Italia si usava raccogliere le olive, a gennaio, direttamente da terra, marce, con la pretesa di ottenere un buon prodotto. Anche in questo caso… evidente, lampante, ma non extravergine.
Classificazione odierna
Degli oli d’oliva vergini fanno parte l’extravergine (Evo), l’olio vergine e l’olio d’oliva lampante. Oltre al livello crescente di acidità libera, minore nell’extra, maggiore nel lampante, la grande differenza sta nei difetti. E quando diciamo difetti, intendiamo odori sgradevoli, dal rancido alla muffa, tanto per citarne due. Vere e proprie puzze. L’Evo è tale se non presenta alcun difetto. Quello vergine può presentare qualche odorino poco convincente, l’olia d’oliva lampante è il peggiore. Dall’unione di questi ultimi due, grazie a processi di raffinazione, si ottengono altri tipi di olio d’oliva.
Commestibile ma non proprio
L’olio, per quanto difettato, è comunque commestibile. Quindi romani e greci ma anche tanti italiani del passato non si avvelenavano mica! Dovevano avere però un palato davvero poco raffinato. Gli antichi romani, lo sappiamo, camuffavano i difetti aggiungendo miele, spezie e il famoso garum, una disgustosa colatura di acciughe fatte marcire sotto strati di sale ed erbe aromatiche. Una schifezza, molto lontana dalla straordinaria colatura di alici di Cetara o dalla bagna cauda torinese. Evidente, lampante, ma non extravergine.
Spero che tali informazioni convincano sempre di più i consumatori ad acquistare olio di qualità nella consapevolezza di godere di un grande prodotto nonché di fare un prezioso regalo alla propria salute.