Ci si può affidare a un algoritmo per stanare le frodi sull’Evo? Secondo due ricercatori dell’Università Cattolica di Piacenza sì. Uno studio pubblicato sulla rivista Food Chemistry dimostra come l’Intelligenza Artificiale possa riconoscere particolari molecole contenute nell’extravergine prodotto da determinate cultivar. Il progetto scientifico ha preso in esame l’olio ligure di olive Taggiasche. L’algoritmo ne ha memorizzato alcune caratteristiche ed è stato in grado riconoscere oli che si “spacciavano” per Taggiasca.
La frode è dietro l’angolo
Una ricerca Coldiretti ricorda come più di una bottiglia di Evo su quattro (27%) sia falsa. Nel 2021, secondo l’associazione dei coltivatori diretti, in Italia sono arrivati 540 milioni di chili di prodotto estero, quasi il doppio della produzione nazionale (+80%). Dove sono andati a finire? Come sono stati utilizzati? Magari anche in una bottiglia di olio commercializzato come Taggiasca.
Lo studio della Cattolica
I ricercatori hanno utilizzato 408 campioni di oli di tre stagioni consecutive, provenienti da diversi territori della riviera. Così come per il vino, anche per l’Evo conta il “terroir”. Eppure, nonostante le diverse origini, l’intelligenza artificiale è riuscita a identificare marcatori specifici di autenticità. L’algoritmo, in particolare, si è concentrato su derivati del colesterolo e polifenoli.
Un algoritmo per stanare le frodi sull’Evo
I test eseguiti con l’Ai (intelligenza artificiale) hanno dimostrato che la sensibilità dell’algoritmo ai 50 marcatori registrati erano precisi al 100%. Una presenza inferiore o maggiore degli stessi in un olio – spiegano i ricercatori – è la discriminante che porta l’Ai a stabilire se quell’Evo sia o meno di Taggiasca. E se può essere usato un algoritmo per stanare le frodi sull’extravergine, può essere usato anche per altri prodotti. La prossima mossa degli universitari piacentini sarà l’utilizzo dell’Ai per difendere il vino.