Riciclare olio usato si può. Si deve. Si fa. Perché l’olio d’oliva non muore mai. Si ossida dopo l’impiego in cucina, ancora di più dopo averlo utilizzato per le fritture, ma possiamo regalargli una seconda vita. Lo spiega ASSITOL (Associazione Italiana dell’industria olearia, Confindustria), che mette in guardia contro il “vizio” di buttare gli oli usati in cottura nel lavabo. Fa male alle tubature e cosa ancora peggiore all’ambiente.
No al riuso domestico
“L’olio d’oliva è un prodotto vivo – fa notare Anna Cane, Presidente del Gruppo olio d’oliva di ASSITOL – ma una volta impiegato per cuocere o friggere, è impossibile riutilizzarlo per usi domestici. Sviluppa molti ossidanti, oltre che odori persistenti e sgradevoli. Si pensi, ad esempio, all’olio extra vergine usato per friggere il pesce”. A causa dell’ossidazione, nell’olio si trovano anche sostanze poco salutari, motivo in più per destinarlo al bidone degli oli usati, che però non si trova così facilmente in giro per l’Italia.
Mai nel lavandino
Di sicuro, l’olio usato non va mai versato nel lavandino. Può intasare le tubature e causare problemi anche ai depuratori più sofisticati. Che sia di semi di girasole, di olio extravergine di oliva o di cocco, arachide, colza o girasole, per olio usato intendiamo tutti questi oli che devono finire nell’apposito contenitore di recupero comunale. Se raggiungono le falde naturali, possono infatti rendere l’acqua non potabile o danneggiare i depuratori. Basta sapere che un chilo di olio vegetale esausto può inquinare una superficie d’acqua pari a un chilometro quadrato, che corrisponde come estensione a 140 campi di calcio.
Tre passi verso la sostenibilità’
No allo “sversamento” nel lavandino, insomma, sì al riuso. E’ una scelta di sostenibilità. Ma come si raccoglie l’olio dopo l’uso? Come primo consiglio è bene farlo raffreddare. Subito dopo sarà necessario passare al filtraggio per rimuovere le parti di cibo rimaste: basterà utilizzare un piccolo colino. È poi necessario scegliere un contenitore o più contenitori, per versarvi l’olio. Latte in metallo, vetro o plastica, tutto può andar bene. Così sarà più facile gestirlo e portarlo presso il punto di raccolta. Qui si aprono due possibilità: il classico bidone, messo a disposizioni del quartiere e dislocato in punti di aggregazione (piazze, centri commerciali, parrocchie), oppure l’isola ecologica. La maggior parte dei siti web dei Comuni italiani dovrebbero dare informazioni in tal senso.
Riciclare olio usato
Gli oli verranno recuperati e lavorati per trasformarli in concime, biocombustibili, asfalti e bitumi, mastici e saponi industriali. L’olio da cucina è una delle materie prime della produzione di fonti rinnovabili come il biodiesel, in particolare per i settori “energivori”, come navigazione ed aeronautica. Un processo di riuso che vale sia per l’olio d’oliva che quelli di semi. Per questa ragione, al momento di raccogliere oli diversi, sarà bene differenziare i contenitori, a seconda del prodotto.
Guai agli usi alternativi
Riciclare l’olio usato si può, ma non seguendo i rimedi fai da te che brulicano in internet. Da scarto a risorsa il passaggio è breve per chi ha voglia di recuperarlo. Sulle pagine di alcuni siti si legge che c’è chi lo usa come impermeabilizzante e idrorepellente per pavimenti esterni, chi per pulire attrezzi da giardino, chi come lubrificante, chi come impregnante per legno perennemente esposto alle intemperie, chi come anti-agrippante additivo per motori a due tempi. Tutti usi non confermati dalle associazioni di categorie, che prendono le distanze da certi rimedi.